L'io umano pietrificato e l’anima imprigionata:
una fiaba per evocare leggerezza e libertà. JORINDA E JORINGHELLO (fratelli Grimm)
“C'era una volta un vecchio castello nel cuore di una foresta grande e fitta; là abitava, tutta sola, una vecchia strega molto potente.
Di giorno si trasformava in gatto o in civetta, mentre la sera riprendeva l'aspetto umano”.
Due innamorati, giovani e bellissimi, destinati a sposarsi sono lì, in quella foresta.Il matrimonio nelle fiabe e, ovviamente nell’inconscio collettivo, è spesso un fine ultimo da raggiungere ed è nello stesso tempo:
- la ricostituzione di un'UNITÀ ‘PERDUTA’, in quanto ricordo ancestrale di una pienezza prenatale e/o… meglio
- ‘PROMESSA’, premio finale di vera interezza, arricchita dal lavoro su noi stessi che ci siam proposti di attuare accettando
la prova dell'incarnazione.
Raggiungere almeno in un racconto la soddisfazione della fatidica frase: “…si sposarono e vissero felici e contenti!” è il finale che tranquillizza i bambini ma soprattutto la nostra parte bambina. Non parlo di una banale tranquillità calmante per dormire sereni ma di un elemento rassicurante, la speranza che tutto può andar bene nutre la CERTEZZA ANTICA che proprio questo è il premio che ci spetta per aver ben lavorato, per essersi ricordati, con umiltà e costanza, del compito che abbiamo da svolgere su questa terra.
La parte più profonda di noi ha bisogno di quella rassicurazione! Una scintilla di MEMORIA viene risvegliata quando sentiamo certe fiabe, soprattutto quelle con questi finali.
Se i due personaggi della fiaba sono così perfetti potrebbe sembrare di ammirare un bel quadretto, addirittura ben inserito in un paesaggio romantico, in una natura dai colori intensi e realistici… È sera è un bel sole rosso sta tramontando, sono felici e promessi uno all'altro ; la storia sembrerebbe già compiuta…
Invece no, tutto deve ancora accadere: siamo solo all’inizio di un PERCORSO FORMATIVO; siamo in uno di quei giorni della CREAZIONE in cui viene detto : “E fu sera e fu mattina…”
E noi aggiungiamo: “7^ giorno”?
Già, proprio quello in cui il Creatore si riposa. Perché ora il lavoro di creazione è tutto nostro!
Leggendo superficialmente sembrerebbe che Jorinda e Joringhel siano sfortunati invece, a ben vedere, pare proprio che vadano in cerca di prove esistenziali. Sanno che la foresta è fitta, piena di pericoli; allora perché sono lì? Solo per parlare, per confidarsi? Chissà quali confidenze possono scambiarsi, quale intimità regalarsi prima della grande SEPARAZIONE. Lui dice a lei di stare attenta, di non avvicinarsi troppo al castello… Tutti conoscono le malìe presenti lì, anche loro lo sanno.
"…là abitava, tutta sola, una vecchia strega molto potente.
Di giorno si trasformava in gatto o in civetta, mentre la sera riprendeva l'aspetto umano. Se qualcuno arrivava a cento passi dal castello, era costretto a fermarsi e non poteva più muoversi finché‚ ella non lo liberava.
Ma se una vergine entrava in quel cerchio, la vecchia la trasformava in uccello e la rinchiudeva in una gabbia che metteva in una delle stanze del castello."
La foresta è luogo iniziatico per eccellenza, un confine tra luogo materiale e luogo spirituale, dove si può trovare intimo raccoglimento dentro sterminate e sconosciute estensioni ma dove ci si può anche perdere, vivere l'abbandono, fare incontri, affrontare prove, insomma, sintetizzando: sottoporsi al CAMBIAMENTO.
I due personaggi sono andati coscientemente in quel LUOGO DI CONFINE. Ci sono andati per amore, forse anche presi dall’entusiasmo giovanile, comunque consapevoli dei cambiamenti che per crescere dobbiamo affrontare. Ed ecco che una strana tristezza li assale; non la comprendono a livello cosciente; il fatto è che nel profondo sanno che stanno per separarsi, che sta per arrivare la notte, quella notte che può impaurire ma che deve avvenire per portare alla TRASFORMAZIONE, al passaggio evolutivo giusto per loro.
Si accorgono che sono arrivati vicino alle vecchie mura del castello e si sentono morire. Jorinda canta:
"Il mio uccellino dal rosso anellino, canta lamenti, lamenti, lamenti. Predice alla colomba la morte fra i tormenti; canta lamenti, sì!"
Parole enigmatiche e ricche di pathos. Jorinda sente che una parte di lei sta per trasformarsi in usignolo, un uccellino che sarà catturato: gli verrà messo un laccetto alla zampina? O dobbiamo intendere quell’anellino come un taglio alla gola?
La paura della MORTE, il grande cambiamento, li attanaglia! Lei si rivolge alla colomba, simbolo universale dell'anima, come in uno spasimo di ricerca dell'eternità.
“… Joringhello la guardò: Jorinda si era mutata in un usignolo”
C'è un altro uccello però:
“Una civetta dagli occhi ardenti le volò attorno tre volte, e per tre volte gridò: -Sciù, uh, uh, uh-.”
“… Joringhello non poteva muoversi: era rigido come pietra e non poteva piangere, né parlare, né muovere la mano o il piede. “
Interessante la doppia valenza della CIVETTA a livello simbolico, soprattutto perché appare di giorno pur essendo un animale notturno: la civetta è sacra ad ATHENA, dea della SAGGEZZA, e come lei sa essere fiera e determinata, un rapace quando è necessario. E qui lo è.
La terribile strega, regina della natura, in stretto contatto con le forze animali può essere paragonata a deità antiche, come Circe, Cibele, ma anche a forze telluriche come i DRAGHI. Lei come il BASILISCO, o MEDUSA, ha il potere di pietrificare ma, come la maggior parte di questi esseri terrificanti, è CUSTODE DI UN TESORO.
Dopo aver catturato l’usignolo in cui si è trasformata la fanciulla, la strega torna e, seguendo un qualche trascendente dettame, sa che l’immobilizzazione non deve essere definitiva; quindi, rivolta alla statua che è ormai Joringhel, dice:
"Salute, Zachiele, quando la luna splende nel cerfoglio, sciogli, Zachiele, alla buon'ora."
Ma ZACHIEL è un arcangelo! Il suo nome significa GIUSTIZIA DI DIO. Gli si attribuiscono il pianeta Giove, il colore viola e la pietra ametista. Paradossale, vero? Una strega che invoca un arcangelo. Come saggia dea della natura invoca anche la Luna ma rispettando il momento cosmico favorevole. ‘Dietro il cerfoglio', una pianta dall’aroma così intenso, non nascondibile, che simbolizza la SINCERITÀ.
Joringhel ora può muoversi, ma è solo; la sua AVVENTURA UMANA ha inizio. Dovrà andare in un ‘luogo sconosciuto' (perché? Forse il cambiamento richiede anche questo coraggio?).
Deve LAVORARE SU DI SÉ cercando di ricongiungersi con la sua ANIMA.
Chissà se ne udiva il canto quando, per seguire il suo cammino iniziatico, si fece pastore. Aver cura delle pecore, individui ma gregge, gli avrà insegnato a vedere il singolo come parte di un insieme? Ricevere i doni, latte, lana, gli avrà stimolato gratitudine? Forse in ognuno degli esseri di cui si prendeva cura avrà visto parti sé?
Il suo lavorare si affiancava ad un continuo ritornare, sempre con prudenza, al luogo dove era NASCOSTO IL SUO TESORO.
Durò a lungo la sua attesa ma...
"una notte sognò di trovare un fiore rosso sangue con in mezzo una perla bella grossa. Egli colse il fiore e andò al castello, e tutto ciò che toccava con il fiore si liberava dall'incantesimo"
Il percorso di CRESCITA, AUTOSSERVAZIONE, PAZIENZA, lo ha portato ad uno stadio evolutivo notevole: è entrato in contatto con la parte più profonda di sé!
Il MONDO DI SOTTO, quello che si rivela attraverso i SOGNI, gli ha parlato, ma la cosa notevole è che lui ne ha anche compreso il linguaggio, un po' predittivo, un po' simbolico. Evidentemente il suo tempo di peregrinazioni è ad una svolta. Si mette alla ricerca di questo fiore, elemento poetico ma potentemente magico.
Trova il fiore al nono giorno. Nove. Ci sarebbe da dire molto su questo numero ma consideriamolo solo simbolo della SACRALITÀ DELLA SUA RICERCA, una SECONDA NASCITA!
La perla ‘bella grossa’ del sogno qui nel mondo di sopra, come spesso accade trasferendosi da un piano vibratorio all'altro, appare come RUGIADA, dono prezioso dell'aurora, simbolo che la notte è passata e che una nuova ALBA lo attende. Il fiore c'è, ed è ROSSO SANGUE.
Potrebbe essere lui stesso quel fiore?
Una creatura della terra, un umano che ha saputo nutrire la sua tensione verso l'alto, svegliando la verticalità del suo essere, tanto da renderla uno stelo capace di fiorire, di manifestare la sacralità dell'IO SONO con il suo sangue coscientizzato.Ormai nulla può fermare il COMPLETAMENTO DELL'OPERA ALCHEMICA: il buio è passato, il bianco si è reso trasparente, il rosso è fiorito.
Le porte si aprono; quelle del castello e quelle delle gabbie.
Jorinda è libera e vola tra le braccia dell'amato.
Continuando a leggere tra le righe può emozionarci e commuoverci il capire come anche il RISVEGLIO di solo uno di noi possa portare beneficio a tutti: infatti anche le altre gabbiette si aprono!
Un altro passo avanti sarà possibile?
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