“NAVIGARE” NEL LABIRINTO
...l'acqua, la roccia, i misteri della dea madre...
Nel racconto del viaggio di Argo più volte, e in modo diverso, emergono problematiche relative all'acqua e alla roccia:
-Nel mito originario Elle, in viaggio di salvezza con il fratello Frisso, in groppa al vello d'oro, di 'addormenta' e cade nel mare, poi detto Ellesponto.
-Nel fiume che stava guadando Giasone perde un sandalo (forse presagio della sua difficoltà a vivere il rapporto di coppia?).
-L'amico carissimo di Eracle, Ila, viene attirato dalle ninfe nelle profondità del lago e condotto nelle cavità rocciose sott'acqua che sono il loro alloggio.
-La dea Cibele, che viene adorata nella spaccatura delle montagne, placherà la sua ira (che causa tempeste marine) nei confronti degli argonauti solo dopo che le avranno reso onore.
-Le rocce Simplegadi rischiano di distruggere chi varca lo stretto d'acqua che le divide (vedi articolo su di esse).
Le acque e la materia densa (terra, roccia, montagna) sono chiari riferimenti all'aspetto femminile, materno, del creato. Il viaggio per mare, caratteristico delle imprese di molti eroi, non ultimi, per noi, Odisseo e Giasone, è simbolo dell'incognito, del mistero della vita da affrontare, pieno di pericoli, senza una rotta che possa essere prevista in modo preciso; non si sa mai cosa l'acqua nasconda in sè e sotto di sè: mostri marini pronti a ingoiare principesse incatenate, ninfe voluttuose che trascinano al fondo, sirene incantatrici, divinità marine che offrono a volte doni sì, ma se occorre puniscono, talvolta perseguitano l'eroe di turno.
Possiamo dire che forse il mare sia per la mente primitiva (che ancora ci abita nell' inconscio) l'esempio più calzante del nostro labirinto esistenziale.
Non a caso i problemi della nave Argo sono causati dalla dea madre inquieta con i naviganti, dea della terra, delle rocce, ma che si serve delle forze acquatiche per 'insegnare' il dovuto rispetto che le si deve. Gli umani, incarnandosi, densificando la loro essenza per esplorare gli strati più densi della materia, hanno dovuto subire l'enorme distrazione causata dalle emozioni, dai sentimenti, da quella parte 'acquatica' del nostro esistere che, alleandosi con la sostanza più sottile, areiforme, del pensiero penetra fino alla materia solida e crea in noi quei meandri tortuosi che ci fanno perdere nel labirinto, nella malattia, nell'ansia, nella depressione, nella rabbia... Dimentichiamo persino che stiamo cercando di ritrovare la via regale, quella da cui siamo entrati, nella quale dovremo fare nuovo ingresso, non solo come esuli che tornano a casa ma da vincitori; spesso la scambiamo con una qualsiasi via d'uscita...che sarà sempre relativa, ingannevole: ci dà al momento un po' di fiato, ma la sua ricerca ci fa stare fermi più e più giri, quando addirittura non ci fa tornare indietro (il gioco dell'oca, come tutti i giochi, è altamente educativo in questo senso!).
Giasone ha affrontato il viaggio per essere re di Iolco, ha creduto di avercela fatta quando ha ottenuto il Vello d'oro, non per sua maestria, ma per 'bonus' concesso dalle dee tramite Medea. Dimenticandosi dell'importanza della forza femminile (già lo aveva fatto dimenticando di ringraziare la dea madre), anzi strumentalizzandola, tradisce una parte di sè (uno dei due sandali!), e torna sì in patria ma non pretende più il regno che gli appartiene, ne va a cercare un altro...
Che ne è stato del vello d'oro (il suo sè superiore)? Non l'ha utilizzato, se non in maniera opportunistica...Che ne è stato della nave Argo (il suo corpo, abitato da 7 volte 7 potenzialità)? Si racconta che morirà travolto dall'albero della nave, ormai disabitata, e fatiscente...Che ne è stato della sua componente femminile (Medea e Glauce)? Una impazzita per passione, egoismo, gelosia; l'altra arsa viva.
Giasone è un antieroe, prigioniero di quella mancanza di via d'uscita, da quell'incertezza del vivere che i Greci chiamavano 'amenachìa'. Lo abbiamo trattato, lui e le sue avventure, come un tipico esempio di come ci si può perdere nel labirinto!
Nella pittura ci immedesimiamo quindi con il fiore rosso della nostra essenza e presenza mentale, ricordando le altezze da cui proveniamo, utilizzando il nutrimento dell'acqua e della terra, ma ben consapevoli dei pericoli che potrebbero farci perdere.
MEDITAZIONE CON I COLORI
La luce, polo positivo del creato (rappresentato dal giallo), sacrifica il suo splendore per unirsi alle forze buie e materne del blu.
Nel verde vivo che appare sul foglio aggiungo tocchi di smeraldo, il verde più minerale della tavolozza.
Ho così preparato uno sfondo acqueo-minerale/vegetale ; da esso lascerò emergere le forze rosso/rosee dell'io che afferma se stesso, emergendo dall'acqua e dal fango (in alcuni punti, grazie alla fusione del verde e del rosso, si formerà il marrone), come un meraviglioso fiore di loto, che si nutre dalla terra ma va dritto verso il cielo.
Patrizia Favorini