Ares aveva un figlio di nome Diomede che regnava sopra il popolo selvaggio dei Bistoni, abitanti di una contrada della Tracia.
In questo racconto siamo alle prese con un figlio del dio della guerra. Diomede ben rappresenta aggressività, crudeltà, sadismo...attributi delll'Ares negativo. Infatti...
Questo re era crudele e barbaro come suo padre e il suo popolo: aveva quattro feroci cavalle antropofaghe che mandavano fuoco e fiamme dalle narici, e dava loro in pasto ospiti, stranieri e naufraghi che disgraziatamente si ritrovassero sulle coste della Tracia.
Strano come un animale storicamente così 'compagno dell'uomo' nei lavori dei campi, nei viaggi, in guerra, sia stato utilizzato in questo racconto mitologico per rappresentare neanche l'aggressività (atteggiamento lontanissimo dal cavallo, specialmente se femmina), ma addirittura l'antropofagia!
Possiamo spiegarlo riconducendoci al simbolismo di questo animale in psicoanalisi: il cavallo rappresenta l'istinto, quella parte dell'uomo che non si lascia imbrigliare da regole morali; gestire forze telluriche così potenti (l'ES, l'energia libidica, freudianamente parlando) può essere opera solo di esseri pienamente consapevoli.
Diomede non lo era, anzi, era talmente immerso nella sua aggressiva stoltezza che utilizzava le giumente per perpetrare l'annientamento di quelli che riteneva nemici, semplicemente perchè stranieri...
Si sentiva così diviso dal resto dell'umanità che letteralmente 'fagocitava' chiunque passasse nella sua terra. Per farlo usava tutto se stesso: il fatto che quattro fossero le cavalle rappresenta i 4 elementi; vuol dire che terra, acqua, aria e fuoco, le basi costitutive del nostro essere dei viventi, erano tutte al servizio della sua istintualità bestiale.
Euristeo comandò ad Ercole di portargli quelle cavalle. L'eroe si recò al palazzo di Diomede, portando con sè alcuni suoi amici fidati. Uccise o mise in fuga i servi poi catturò Diomede e le giumente ma non valutò la pericolosità degli animali, e quindi incaricò l'amato Abdero di sorvegliarli mentre lui combatteva con i Bistoni accorsi in difesa del loro re.
Eracle commette un errore: non doveva affidare ad un 'altro' (la sua personalità) quello che era il suo compito. Intraprendere la via del dominio della propria parte inferiore non permette di abbandonare il controllo, nemmeno per un attimo! Il rischio è che il male prenda il sopravvento e ci si presentino situazioni ancora peggiori...
Abdero era figlio di Ermes ma non seppe gestire le giumente e così fu fatto a pezzi e divorato da loro.
Essere figlio di Ermes, cioè del dio dell'intelletto, non lo salva, anzi il racconto indica quanto la mente da sola non sia in grado di gestire forze simili.
Eracle, addoloratissimo, diede allora Diomede stesso in pasto alle sue cavalle.
Può sembrare una vendetta, invece rappresenta un gesto molto saggio, di piena consapevolezza: lasciare che il male divori se stesso.
“Lasciate che i morti seppelliscano i loro morti”...sono parole che sotto questa luce assumono nuovo significato!
Quando lo ebbero finito di divorare le caricò sulla nave e le consegnò ad Euristeo, come gli era stato ordinato; questi poi lasciò libere le quattro giumente che andarono sul monte Olimpo, dove furono divorate dalle fiere.
L'Olimpo, il luogo sacro per eccellenza, lì, nel divino, ogni male scompare. Se accendo una luce dentro di me...che non sia intellettuale, ma di autentica presenza mentale, il buio scompare...non esiste più, non lo vedo perchè non c'è.
MEDITAZIONE CON I COLORI
I 4 cavalli compaiono in molte situazioni mitologiche (ad es.: attaccati al carro di Helios sono bianchi e luminosi, a quello di Ade neri...) e venivano usati nei trionfi, nelle cerimonie ufficiali, nei funerali; sono sempre quattro quando si tratta di eventi importanti.
Quattro sono anche i cavalli che compaiono dell'Apocalisse, all'apertura dei primi quattro sigilli.
Partendo dai quattro angoli del foglio lascio che i colori-simbolo dei mali dell'umanità invadano lo spazio: bianco come il potere (rappresentato dal primo cavaliere, che porta una corona), rosso come la guerra ( portato dal cavaliere con la spada), nero come la carestia (ma anche come il disastro ecologico che stiamo vivendo e come l'ingiustizia sociale, rappresentato dal cavaliere con la bilancia), verde (come la malattia e la morte).
Dal centro (simbolicamente la mia vera essenza) contrasto la loro invasione con altri colori-simbolo: giallo luminoso per il bianco opaco, viola spirituale per il rosso violento, indaco sacro per il nero luttuoso, verde smeraldo, amorevole, per il verde livido.
Cerco di sentire in me, mentre dipingo, la possibilità di contrastare il male.
Patrizia Favorini