IL VELLO D'ORO COME GRAAL
...cercare non è trovare, ma...permettere di essere trovati!
Spesso nei miti il tema portante del racconto è legato allo sforzo della Ricerca. Tutte le tradizioni fanno allusione ad un bene perso o scomparso.
Odisseo cerca il ritorno ad Itaca. Eracle affronta le 12 prove per ritrovare la purezza perduta. Gilgamesh cerca la pianta dell'immortalità. I cavalieri della Tavola Rotonda sono alla 'cerca del Graal'. La conquista del Vello d'Oro è invece l'impresa di Giasone e degli Argonauti: tutti navigatori, imbarcati a bordo dello Argo, che significa vaso bianco,splendente.
Essendo il bianco simbolo di purezza, Argo dovrebbe condurli verso la purificazione. L'oro è rappresentativo della spiritualizzazione. Lo scopo simbolico dell'impresa sarebbe dunque la conquista della forza dello spirito e della purezza. Il vello d'oro è sospeso ad un albero, simbolo di vita, e conservato da un drago, simbolo di forze telluriche. L'eroe deve “uccidere il drago„ per poter afferrare il tesoro sublime.
La ricerca degli Argonauti è anche la nostra, ma nel nostro cercare c'è un rischio: afferrare il tesoro nel suo significato perverso. Per Giasone la conquista del vello d'oro è davvero qualcosa di grande, come apparirebbe dalla preparazione, dalla partecipazione di eroi, musici, indovini...o soltanto una condizione da soddisfare per poter accedere al trono? Il dilemma è di sapere in quale stato d'animo l'eroe eserciterà il potere, quando lo avrà acquisito: troverà il significato sublime del tesoro, dominando le passioni, o si limiterà al significato materiale di quanto ha trovato? In tal caso il 'ritrovamento' dell'oggetto sacro avrebbe un'utilizzazione perversa.
Sappiamo che Giasone non tenta l'avventura da solo, cosa che è allo stesso tempo abbastanza eccezionale e molto significativa: è la dimostrazione che l'intento originario era non solo buono, ma grandioso, corale. Argo conduce i navigatori verso Colchos, il paese del vello d'oro. Navigano sul mare, simbolo di vita, di cui devono tuttavia affrontare i pericoli. E dopo aver superato molte difficoltà ed avere evitato tutti gli scogli, Argo accosta infine a Colchos ma, presagio disastroso, una parte del timone è stata portata via. Il re di Colchos esige, per consegnare il vello d'oro a Giasone, che riesca a sottomettere due tori selvaggi che nessuno ha mai potuto domare e che ari in seguito un campo che dovrà seminare con i denti di un drago.
Giasone, poco affidando nelle sue forze, si lega a Medea, la figlia del re, che è maga. Il suo cedere è deludente, appare subito un calcolo utilitario, per superare senza rischi le prove imposte: Giasone non supera le prove con le sue forze, non uccide in combattimento eroico il drago ma lo rende inerme utilizzando un filtro preparato da Medea e solo così riesce a salvarsi ed appropriarsi del trofeo prezioso.
Le immagini della fine del mito appaiono la punizione di Giasone. Il simbolismo dei lavori evitati è servito a mostrare l'atteggiamento perverso che caratterizzerà il regno di Giasone. Dopo essersi servito di Medea, la abbandona e questa diventa allora lo strumento inevitabile della sua punizione, uccidendo, con le sue mani, i bambini della loro unione. Giasone stanco di trascinare la sua disperazione attraverso il mondo, andrà un giorno a riposarsi all'ombra Argo. Ma sarà schiacciato da una trave che cade dal relitto della nave che avrebbe dovuto condurlo fino al suo ideale.
Si può considerare il mito del vello d'oro come esempio della Ricerca mancata.
Giasone appare come uno dei tanti Cavalieri della cerca del Graal che falliscono nell'impresa. Ma riflettiamo su un particolare: Il Vello, seppur d'oro, considerato sacro, è solo la spoglia materiale del vero Ariete, non è più sulla terra ma in cielo, come costellazione. Per Giasone, e per noi tutti 'ricercatori', appropriarsene sarebbe come aver conquistare un contenitore senza il contenuto, così come possedere il Graal, la coppa di smeraldo intagliata dall'occhio di Lucifero, senza che ospiti l'essenza del Cristo potrebbe essere non solo inutile ma probabilmente pericoloso.
Farsi coppa, farsi 'vello', cioè contenitore, questo è il fine dei 'cercatori': cercare, cercarsi, per essere 'capaci', cioè grandemente aperti, all'accoglienza del Mistero. Non trovare ma 'essere trovati'.
MEDITAZIONE CON I COLORI
Il verde smeraldo (simbolo della nostra mineralità) nella parte inferiore del foglio si apre come una coppa per accogliere la luce, simboleggiata dal giallo (splendore dello spirito) che viene dall'alto. Scintille di rosso (splendore del vivente) accendono luci di consapevolezza nel Mistero che si sta compiendo.
Patrizia Favorini