La costellazione del Dragone (Draco anticamente) sembra avvolgere l’Orsa minore, quasi a proteggere la stella polare…od ad ostacolare il cammino di noi ‘cercatori’? Ecco alcune interessanti leggende sulla nascita della costellazione del Dragone:
La costellazione, nella mitologia egizia è Tawaret, la dea del cielo settentrionale. Considerata come "la sempre vigile" perché la costellazione non è mai ferma, era raffigurata come una dea feroce e protettiva il cui corpo è un miscuglio di parti di coccodrillo, di essere umano, di leonessa e di ippopotamo.
Nella mitologia greca si narra che Athena scagliò il Drago in cielo durante la battaglia contro i Titani e questo si avvinghiò al Polo Nord Celeste e si congelò in tale posizione.
Altri narraro che il drago sia Ladone con 100 teste che fu messo a guardia dei pomi d'oro delle Esperidi da Era. L'undicesima fatica di Eracle (Ercole) era quella di rubare quei pomi e difesi dal drago . Era depose il drago sconfitto in cielo in modo che tutti potessero ricordarlo. Vedi articolo su questo sito
Il drago è anche ritenuto essere quello ucciso da Giasone per recuperare il Vello d'oro. Vedi articolo su questo sito
Nella saga arturiana compaiono spesso draghi: uno rosso e uno bianco combattono nello stagno che, nascosto sotto terra, impedisce alla torre di Vortigern di essere eretta. Sarà Merlino-Myrddin a spiegare all’avido re il mistero: è impossibile innalzarsi davvero se c’è nelle fondamenta qualcosa di sporco, contaminato, violento; si crea ‘divisione’ all’interno di noi (rappresentata dai due draghi) e ogni costruzione è destinata a crollare.
Purtroppo la saggezza del Mago ora sembra non essere attiva: dorme nelle viscere della terra; qualcuno le crede una tomba.
Merlino invece tornerà. E’ lì in attesa non del suo ma del nostro risveglio!
Una delle figure più mistiche, misteriose, potenti che siano mai esistite ora dorme, prigioniero della pietra, dei cristalli, di tutto il mondo minerale, ma ancora partecipe, nel suo sonno apparente,della vita dei boschi e delleforeste. Merlino sceglie di lasciarsi rinchiudere dalla donna amata a Brocèliande e di vivervi, invisibile ma presente, insieme agli alberi, agli animali e alle stelle.
Dicono che fosse capace di spostare con la magia delle pietre enormi per edificare costruzioni sacre; si dice che sia sua opera la costruzione di Stonhenge e pare lecito pensare che fu grazie al suo aiuto che giunse a Camelot la famosa tavola rotonda, non di legno come si crede, ma anch’essa di pietra.
Merlino è umano solo a metà: sua madre, una vergine consacrata, lo generò con un essere spirituale, un demone secondo alcuni, ignorantemente creduto il demonio; perché non attribuirgli invece la dignità di un ‘daimon’ socratico, magari pensando a ‘demone’ come un essere che ha una forza vitale paragonabile a quella di un dio della natura come il greco Pan, dio selvatico e libero che a causa di corna e zoccoli verrà nel medioevo identificato con il diavolo?
Merlino conosce gli elementi. La sua è una magia naturale, ed egli è portatore di conoscenze antiche e sacre, depositario di un sapere che trascende la fragile umanità del giovane Artù. Non a caso lo si immagina come un vecchio e Artù come un giovanetto.
Le origini di Mago Merlino hanno diverse interpretazioni e fonti. Per alcuni Merlino è il figlio di una vestale druidica e di un discendente dei magistrati romani, di nome Ambrosius Aurelianus, condottiero dei Britanni. Posseduta nel sonno da un "Incubo", la fanciulla resta gravida ma rivela quanto è accaduto al confessore: questi traccia sul suo corpo il segno della croce, così, quando il bimbo nasce, è irsuto come un demone, ma non ha il desiderio di fare del male. Dal padre Merlino ha ereditato la capacità di conoscere il passato; Dio stesso, attraverso la madre, gli ha conferito il potere di prevedere il futuro.
Goeffrey di Monmounth, vissuto dal 1100 al 1154 circa, è stato colui che più esaurientemente ci ha tramandato la storia di Merlino ed ha anche cercato di interpretare le sue ‘profezie’.
Un degli episodi più noti narra che divenne consigliere del re Uther Pendragon, al quale con le sue arti magiche diede le sembianze del duca di Cornovaglia, dandogli modo di farlo penetrare nella fortezza di Tintagel e di giacere con la moglie dello stesso duca, Igerna, della quale si era pazzamente invaghito e da quell’incontro nacque re Artù.
C’è da chiedersi il senso di quest’inganno, non in linea con la saggezza di Merlino! Egli acconsentì perché sapeva che il frutto di quell’unione sarebbe stato prezioso. Proviamo a immaginare i personaggi di questa vicenda non come reali persone ma come simboli delle energie evolutive in ciascuno di noi: Merlino è quello che nella mitologia greca sarebbe stato definito un semidio, lui è il sapere antico, divino, presente in ognuno ma impossibilitato ad operare senza il contributo della fisicità; la saggezza deve essere incarnata da un umano, da qualcuno che non usi la magia ma la propria reale capacità: insomma la saggezza, la ‘divina Sofia’ va storicizzata. Entrare nella storia, nella materia, comporta la perdita dei poteri originari e prevede la pesantezza della macchia, la possibilità di sbagliare. Il ciclo arturiano, pur nelle alte aspirazioni che caratterizzano i personaggi (i cavalieri senza macchia e senza paura…) è costellato di errori che vengono commessi; basta pensare a Lancillotto e Ginevra, o alla mancata domanda di Parsifal. Quello del concepimento del piccolo Artù, se non lo si interpreta in chiave simbolica sembrerebbe scandaloso: furto di identità, adulterio, rapimento… La coppia originaria (re Gorlois e la regina Igraine nel racconto) deve essere separata. L’androgine primordiale, il maschile e femminile archetipico devono scindersi per fare l’esperienza terrena. La bellissima e affascinante regina perde lo sposo: è la sua caduta! In tutte le tradizioni si parla di una ‘caduta’; da dove? Da un piano all’altro. Col primo sposo ha generato Morgana, non ancora umana completamente, una fata. Per generare un Re in grado di salvare la Terra (che debba unificare la Bretagna è del tutto simbolico) deve sottostare all’inganno di amare qualcuno credendolo un altro…e qui ci sarebbe da riflettere sui misteri dell’innamoramento, su quante volte si resta delusi se non si continua a vedere nell’amato esattamente il maschile (o femminile) transpersonale che si era intravisto nel momento magico del colpo di fulmine. Mentre la regina giace con il nuovo, il vecchio sta morendo. Tutta la saga non fa che ripetere questo concetto: il ‘c’era una volta’ non può più essere attivo: il vecchio marito muore in battaglia, Merlino l’incantatore subisce l’incantesimo di Viviana-Nimue e non può più agire nella storia. La ‘caduta’ negli strati densi della materia comporta questo: non si può fare affidamento su poteri soprannaturali; bisogna trovare in sé la forza e la lucidità per compiere il bene. Bisogna addirittura dimenticarsi di essere di sangue reale, fare esperienza nell’umiltà, trovare il coraggio di costruire passo dopo passo un regno, una fortezza, degli ideali da proporre, delle missioni da assolvere. Il piccolo Artù è tolto ai genitori e affidato ad una più umile famiglia. Merlino può sembrare crudele, invece ha solo coltivato amorevolmente la personalità del fanciullo ma ha anche, pure qui, seguito la regola di lasciare il precedente e proseguire: Uter Pendragon ed Igraine spariranno nella storia; anche loro sono il passato. Merlino, come un angelo custode, accompagna Artù; non agisce, non può farlo, lui è di un altro piano, ma lo consiglia e lo ispira.
C’è un’altra versione del come Merlino sia sparito dalla storia. All’interno del libro "Vita Merlini” si racconta come il mago impazzì dopo aver assistito agli orrori di una cruenta battaglia e si fosse ritirato a vita solitaria in una foresta. Il concetto non cambia. La Saggezza antica ha fatto finchè ha potuto: ora sono i comuni mortali che devono vincere la loro bestialità, divenire trasparenti come Galaad e conquistare il Graal. A quel punto Merlino tornerà.
Secondo alcune dottrine esoteriche Merlino sarebbe uno dei "Superiori Sconosciuti" di Agharthi (etimologicamente "l'inaccessibile", centro spirituale del pianeta che si troverebbe nelle viscere della terra, popolato da esseri semidivini, governato dal re del Mondo, descritto, per la prima volta da Ferdinand Antoni Ossendowski in "Bestie, Uomini e Dei",1923): ad Artù, il suo discepolo prediletto, avrebbe affidato il compito di portare avanti l'antica tradizione magico-religiosa del leggendario regno sotterraneo. Per l'occultista inglese Dion Fortune (1891-1946), Myrddyn proveniva da Lyonesse, l' insediamento sprofondato al largo della Cornovaglia, da molti ritenuto una delle città di Atlantide; dal Continente Perduto avrebbe importato culti esoterici e superiori conoscenze tecniche, diffusi poi tra i Celti dal discepolo Artù e dai suoi successori.
1^ MEDITAZIONE CON L’ARGILLA
Plasmo a tutto tondo una forma, una figura umana o un qualsiasi simbolo che evochi quanto narrato della storia di Merlino-Myrddin. L’intento sarà di percepire lo stato di prigionia del vecchio saggio nella materia ma anche la maestria nel contribuire all’opera dei quattro elementi operando dall’interno.
2^ MEDITAZIONE CON L’ARGILLA
Costruisco un vaso cilindrico con la tecnica del colombino (e/o con l’utilizzo della trafila). I rotoli sovrapposti evocheranno le spire del dragone. In seguito userò colombini sottili per decorare creando forme che rappresentino o simbolizzino il mito raccontato.
MEDITAZIONE CON I COLORI
Prendendo spunto dalla storia dei due draghi, del lago sotterraneo e della torre di Vortigern traspongo gli elementi sul foglio ricordando che la torre simbolizza la mia colonna vertebrale, la mia capacità di elevarmi; i due draghi sono il maschile e femminile, la destra e la sinistra, le due nadi (Ida e Pingala) della tradizione induista. Utilizzo i tre colori primari disponendoli come su di una colonna, in crescita verticale, partendo col rosso e arrivando al viola, come nello spettro solare. Ovviamente compariranno i colori secondari ogni volta che i primari si miscelano, assisterò con stupore contemplativo a tale combinazione. Stendo tenui velature tutt’intorno alla ‘torre’ dei miei chakras, talmente chiare da evocare il bianco.