Studiare la costellazione del Toro offre una vastità di miti e tradizioni, in gran parte dovuta alla ‘mitica era del Toro’, vissuta dall'umanità nel periodo in cui l’equinozio di primavera cadeva su questa costellazione, ma anche perché il Toro, come animale domestico, offre molteplici immagini caratteriali: dal ‘pio bove' al toro focoso, dal tenero vitello alla materna e nutriente mucca; in tutte le versioni non si può non apprezzare il suo valore per la ricchezza che ha sempre offerto all'umanità, sia con il suo lavoro che per l'alimentazione.
Troviamo quindi la sua rappresentazione in molte culture: compare come simbolo di mitezza nel presepe, come forza cui contrapporsi nelle tauromachie, nelle corride e nei rodei, come idolo da distruggere nella Bibbia con l’episodio del vitello d'oro, nella filosofia zen come immagini del percorso di illuminazione nei disegni delle ‘Icone del bue’ (o bufalo, o toro). È anche famosa la cattura del Toro, una delle 12 fatiche di Eracle ->.
In Italia, e precisamente in Sardegna, troviamo ben 800 maestosi monumenti funerari: le “Tombe dei Giganti”, costituite da monoliti conficcati nel terreno a formare un semicerchio con una stele centrale alta e di forma circolare, con una piccola apertura nella parte inferiore a simboleggiare l'accesso alla vita ultraterrena. I monumenti rappresentano precisamente una testa di toro e vengono anche chiamati della Madre, tanto a confermare la valenza taurina di madre come utero e tomba, poi, visti dall'alto evocano addirittura l’immagine di uno scorpione!
Secondo il mito più noto la costellazione del Toro nasce come espressione celeste dell’animale che Zeus usò per sedurre Europa. In questo episodio vediamo un evento particolare: la subitanea trasformazione da mite bovino a rapace ed altero volatile del dio che prende le sembianze di aquila per congiungersi con la bella principessa fenicia, il cui nome vuol dire ‘occhi grandi’ (chiaro riferimento ad una simbologia bovina ma anche lunare).
Sappiamo che l'Aquila è, come lo stesso Toro ma anche come l'Angelo (Acquario) ed il Leone, uno dei quattro esseri sacri che simbolizzano gli evangelisti e, in astrologia, i quattro elementi in quanto rappresentanti dei cosiddetti segni fissi, situati centralmente nelle triadi stagionali. L'Aquila è simbolicamente l'ottava superiore dello Scorpione, segno opposto al Toro nello zodiaco. Il collegamento tra questi due segni si ripete più di una volta nei miti quasi a codificare il fatto che il loro essere opposti li rende uno l’ombra dell'altro.
MITRA
ORIONE E TORO
GILGAMESH E ISHTAR
OSIRIDE E SETH
Dalle raffigurazioni pervenuteci riguardo al culto di Mithra sappiamo che oltre al toro sacro sacrificato, dal quale sgorgherà ricchezza vitale e fecondante per la terra, sono presenti altri animali che attentano al valore di fertilità del gesto: un serpente e un cane ‘rubano’ del sangue e uno scorpione cerca di pungere i testicoli del toro. Possiamo interpretarli come la fatale opposizione delle forze inferiori sempre operanti, rappresentanti del continuo oscillare tra vita e morte, luce e tenebra, primavera ed autunno.
La distanza di 180 gradi tra Toro e Scorpione nella volta celeste ancora una volta conferma questa dicotomia. Se andiamo a leggere il racconto del mito di Orione, costellazione vicinissima a quella del Toro, scopriamo che la morte di questo personaggio (tra l'altro nato da una pelle di toro fecondato dagli dei) fu causata dal veleno di uno scorpione che Artemide fece uscire dal terreno per punirlo di aver attentato all’onore delle Pleiadi. Zeus trasforma Orione in costellazione e altrettanto fa con lo Scorpione ma collocandoli proprio nella parte opposta del cielo.
Interessante anche l’analogia attribuita alla suddetta costellazione con il personaggio di Gilgamesh; anch'egli in una delle sue avventure ha a che vedere con un toro, il Toro Celeste inviatogli da Ishtar per punirlo di averla rifiutata. In questo episodio il Toro ha valenze distruttive, non appare simbolo di fecondità come in altri miti; anche qui si riconferma l’ambivalenza di questo simbolo: come la dea sua signora (Venere/Inanna/Ishtar) la psicologia taurina passa facilmente da mitezza e bellezza, a cieco furore e ostinazione. Gilgamesh uccide il Toro e il suo fedele compagno Enkidu lo fa a pezzi. Questo gesto gli costa la vita perché gli dei devono punirlo. Il dolore insopportabile per la perdita dell'amico porterà Gilgamesh alla disperata ricerca della pianta dell’immortalità.
Questo simbolo della frammentazione, come da una sacra unità si possa giungere ad una dispersione non può non evocare il mistero dell’Incarnazione umana sulla Terra: dividersi vuol dire uscire dell'Uno, affrontare il mistero della morte, dimenticarsi dell’eternità. Ecco perché Gilgamesh dovrà cercarla.
Anche Osiride fu fatto a pezzi dal fratello Seth, anche Iside si mise alla sua disperata ricerca. Inoltre per gli Egizi Osiride è rappresentato in cielo proprio dalle stelle di Orione, a tal punto che le piramidi di Giza pare siano state edificate proprio per corrispondere sulla terra alle tre stelle della cintura di questa costellazione.
ISIDE
HATHOR
PLEIADI
Iside è lì accanto, rappresentata dalla luminosissima Sirio, alfa del Cane maggiore, stella che porta il nome del cane del gigante Orione, anch’esso ucciso dallo Scorpione.
Iside è spesso raffigurata con un copricapo a forma di Luna contenente il Sole, somigliante a delle corna di mucca, esattamente il glifo invertito del simbolo del Toro zodiacale nel quale, poiché simbolizza un momento più materiale della crescita umana, si nota come la parte lunare, femminile, cangiante per natura, sovrasti l’idea di solarità, simbolo dello Spirito. Sempre in Egitto tale simbolo appartenne prima al bue Apis e poi alla dea Hathor.
Hathor era la grande dea protettrice della gioia, della danza, della musica, dell'amore, della bellezza e della fertilità. Ma Hathor fu anche la "sacra vacca", e in tale veste era ritenuta la nutrice del faraone. Come patrona del sacro Albero venne associata al sicomoro, alla palma e al fico. Oltre a patrona del cielo era considerata l'anima vivente degli alberi nonché la dea dell'occidente, cioè della regione dei morti (e qui di nuovo troviamo l’analogia con lo Scorpione che simbolizza con il toro il binomio vita/morte). Le divinità egiziane potevano avere più aspetti. Hathor, nella sua funzione di dea che vive nel sacro Albero nutrendo le anime dei uomini, assumeva sette forme. Le sette Hathor dispensavano cibo sia ai morti che ai neonati. Generalmente erano raffigurate come giovani donne intente a suonare. Sulla testa portavano il disco solare fra le due corna bovine.
Durante il periodo tolemaico le 7 dee vennero equiparate alle Pleiadi, costellazione che brilla proprio nel Toro, agli ultimi gradi; le ‘sette sorelle’, cantate anche dai poeti, sono presenti nei miti di moltissime culture.
Sarà questo lo spunto per la nostra MEDITAZIONE CON I COLORI.
Rappresenteremo L'ALBERO SACRO DI HATHOR realizzandolo prima con la forza del carboncino per definirne la struttura, poi aggiungeremo i colori delle terre e il verde; infine sistemeremo qua e là delle pennellate color oro, significative delle Pleiadi.